Controllo della dispersione delle particelle d’umidità in ambienti storici: implementazione precisa e metodologie avanzate

Le particelle d’umidità, nella loro forma vaporosa, aerosolica o adsorbita su materiali porosi, costituiscono uno dei principali fattori di degrado nei monumenti e negli edifici storici italiani. La loro migrazione non è un processo casuale, ma governato da leggi fisiche precise e fortemente influenzato dalla composizione muraria tradizionale. La mancata misurazione e gestione quantitativa di questi fenomeni compromette la conservazione del patrimonio architettonico, generando condensa interna, efflorescenze saline, degrado strutturale e perdita di integrità estetica.

Il Tier 2 fornisce la metodologia operativa per misurare con precisione la dispersione di tali particelle, ma per ottenere interventi efficaci è indispensabile comprendere a livello granulare i meccanismi fisici, le tecniche di monitoraggio avanzate e le strategie di mitigazione. Questo articolo approfondisce processi operativi dettagliati, errori ricorrenti e soluzioni tecniche contestualizzate al patrimonio italiano, basandosi sull’esempio esplicativo del Tier 2 Tier 2: metodologia operativa per il monitoraggio quantitativo, che introduce le basi scientifiche e strumentali del controllo igrometrico.

## 1. Fondamenti del controllo della dispersione delle particelle d’umidità

Le particelle d’umidità non sono semplici gocce o vapore libero: si presentano come aerosol umidi, condensati adsorbiti su matrici porose (pietra calcarea, mattoni crudi, intonaci a calce) e fluidi in fase di diffusione sotto gradiente di pressione di vapore. La loro migrazione è governata dalla legge di Fick, ma fortemente modificata da condizioni non lineari dovute all’eterogeneità dei materiali storici, alla presenza di sali solubili e alla stratificazione termica interna.

**Principali caratteristiche fisiche:**
– **Dimensione degli aerosol:** da nanometri (vapore condensato) a micron (goccioline sospese), con distribuzione dipendente da temperatura, umidità relativa e flussi d’aria.
– **Fase fisica dominante:** in ambienti chiusi storici, la diffusione è prevalentemente condensativa (fase adsorbita) più lenta della migrazione convettiva esterna.
– **Conduzione termica variabile:** la muratura tradizionale presenta conducibilità termica non uniforme, creando microclimi interni che accentuano la condensazione localizzata, soprattutto in zone con infiltrazioni fredde.

*Esempio pratico:* In un palazzo storico di Firenze, la presenza di pietra a porosità variabile e intonaci con conducibilità termica instabile (0.8–1.2 W/m·K) favorisce la formazione di gradienti di pressione di vapore fino a 12 hPa, accelerando la condensazione interna in condizioni di umidità relativa >85%.

## 2. Analisi delle particelle d’umidità come vettori di degrado

Le particelle d’umidità agiscono come vettori chimici e fisici di danno:
– **A livello chimico:** il vapore acqueo trasporta ioni salini (Na⁺, Cl⁻, SO₄²⁻) che, condensandosi, cristallizzano formando sali a pressione, generando espansioni interne che fratturano la matrice muraria.
– **A livello fisico:** la condensazione localizzata provoca cicli di bagnatura e asciugatura che inducono fatica meccanica, creando microfessurazioni visibili come efflorescenze saline o distacchi.
– **Dinamica di trasporto:** la migrazione avviene per diffusione molecolare e capillare nei pori, con velocità dipendenti dalla dimensione dei pori (Legge di Knudsen per pori < 2 nm) e dalla composizione chimica del materiale.

*Studio di caso:* In un’abbazia toscana, analisi con traccianti isotopici Tier2: tracciamento avanzato con isotopi stabili ha evidenziato percorsi preferenziali lungo giunture tra blocchi di pietra, con velocità di diffusione fino a 2× superiori rispetto alla media, confermando la necessità di mappe localizzate.

## 3. Metodologia integrata per la misurazione della dispersione (approccio Tier 3)

La misurazione quantitativa richiede un approccio a fasi, che parte da una mappatura termoigrometrica multizona e culmina in modelli predittivi basati su equazioni di diffusione modificate, integrando dati sperimentali con simulazioni avanzate.

### Fase 1: Diagnosi ambientale dettagliata

– **Obiettivo:** caratterizzare il campo di umidità relativa (UR), temperatura e flussi di vapore in punti critici (interstizi, pareti esterne, soffitti).
– **Strumentazione:**
– Sensori DHT22 o SHT31 calibrati, posizionati a diverse altezze (1.2 m, 2.5 m, 4 m) in camere interstiziali.
– Igrometri a punto di rugiada per misurare UR con precisione fino a ±0.5%.
– Termocoppie di riferimento per correlare temperatura e umidità.
– **Punti chiave di campionamento:** giunture murarie, zone con infiltrazioni visibili, aree soggette a condensa notturna.

*Esempio:* In un palazzo rinascimentale romano, la mappa rilevata ha evidenziato un picco di UR del 92% in un’interstizio tra due muri, con differenze di temperatura di +4°C, indicando un percorso di condensazione localizzato.

### Fase 2: Installazione di rete sensori wireless multizona

– **Configurazione:** rete distribuita con nodi wireless (es. LoRaWAN o Zigbee) a intervalli di 3–5 m, coprendo muri, soffitti e pavimenti.
– **Dati raccolti:** UR, temperatura, pressione parziale del vapore, flussi di umidità misurati tramite sensori a condensazione attiva.
– **Calibrazione dinamica:** ogni nodo viene calibrato in condizioni di stabilità termica (24–48 ore), con correzione automatica per deriva termica e deriva igrometrica.

*Caso pratico:* In una chiesa di Siena, la rete ha rilevato flussi di vapore fino a 0.8 g/m²/24h in zone con coperture leggermente infiltrabili, indicando necessità di interventi mirati.

### Fase 3: Validazione del baseline di dispersione

– **Procedura:** raccolta dati su 7–10 giorni in condizioni climatiche stabili (stagione non piovosa), filtraggio dei dati per rimuovere picchi anomali.
– **Analisi statistica:** calcolo di UR media, deviazione standard, coefficiente di variazione (CV) per identificare zone di maggiore instabilità.
– **Output:** mappa termoigrometrica 3D con gradienti di dispersione, evidenziando zone critiche di condensazione.

### Fase 4: Test controllati di migrazione

– **Metodo:** introduzione di sorgenti artificiali di umidità (nebulizzatori a freddo, camere di saturazione) in aree isolate, con monitoraggio in tempo reale.
– **Parametri monitorati:** velocità di diffusione (con sensori a condensazione controllata), tempo di risposta, distribuzione spaziale.
– **Obiettivo:** validare modelli di diffusione in condizioni reali e calibrare parametri costitutivi (coefficiente diffusivo *D*).

*Esempio:* Test effettuati a Verona hanno dimostrato che in muri con intonaci a calce povera, il coefficiente diffusivo *D* varia da 1.2×10⁻⁹ a 3.5×10⁻⁹ m²/s, significativamente diverso rispetto a materiali moderni.

### Fase 5: Analisi comparativa e generazione report

– **Integrazione dati:** confronto tra misure in situ, simulazioni FEM e previsioni climatiche storiche (ARPA Regione Emilia-Romagna).
– **Mappe di rischio:** visualizzazione GIS con livelli di probabilità di condensazione e degrado.
– **Output finale:** report strutturato con raccomandazioni tecniche, priorità interventive e indicatori di efficacia previsti.

## 4. Errori comuni e strategie di mitigazione

| Errore frequente | Conseguenza | Strategia di mitigazione |
|——————|————|————————–|
| Sensori posizionati in zone non rappresentative del flusso medio | Dati fuorvianti, interventi inefficaci | Mappatura multizona con almeno 8 punti per 100 m², evitando zone isolate o troppo vicine a infiltrazioni dirette |
| Ignorare l’effetto combinato infiltrazioni esterne e conduttività termica variabile | Sovrastima della capacità di accumulo igrometrico | Integrazione di dati climatici microclimatici (stazioni ARPA) e modellazione 3D termica |
| Sottovalutare la non linearità della diffusione in materiali eterogenei | Previsioni inaccurate e sottostima dei tempi di condensazione | Uso di modelli FEM multiscala (COMSOL, ANSYS) con proprietà anisotrope e non uniformi |
| Campionamento troppo irregolare o breve |

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